Andrea Sanvito
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Chi resiste al cambiamento? Chi difende lo status quo? E perché? Con quali meccanismi e comportamenti? E quale ruolo svolgono i mezzi di informazione? Quante volte nel corso degli ultimi anni abbiamo sentito pronunciare le parole ‘cambiamento’, ‘svolta’, ‘riforma’, ‘rinnovamento’, ‘rivoluzione’, ‘cambio di passo’, finanche ‘rottamazione’. Come se l’enfasi e l’utilizzo quasi ossessivo di tali vocaboli siano stati inversamente proporzionali alla reale capacità della nostra società e delle nostre istituzioni di rinnovarsi. Chi non ricorda la “svolta a sinistra” così tante volte invocata da numerosi esponenti della sinistra storica, in particolare da Fausto Bertinotti, a giustificazione delle crisi del governo Prodi nel biennio 1997-1999; la “Rivoluzione Liberale” di Forza Italia; il “Governo del cambiamento” di Pierluigi Bersani; i trecentomila fucili padani di Umberto Bossi? Enunciazioni, tutte, puntualmente seguite da un nulla di fatto. Da tempo, troppo tempo, il nostro Paese appare immobile, paralizzato dalla paura di cambiare. Difficile dissentire da Ernesto Galli della Loggia quando scrive: “sono anni, ormai, che il nostro Paese aspetta un nuovo che non c’è. Da anni siamo un Paese che nell’ambito delle idee sulla società e sull’economia, così come sul piano delle proposte politiche e delle relative leadership, nella lotta contro i suoi mali storici, non riesce più a pensare e a produrre nulla di nuovo”. E ancora: “Dalla giustizia all’istruzione, alla burocrazia, sono principalmente tutte le nostre istituzioni che appaiono arcaiche, organizzate per favorire soprattutto chi ci lavora e non i cittadini”.

2014, 224 pag.
€ 16
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